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giovedì 26 maggio 2016
Anno VIII n. 21
La presentazione del libro su don
Marchelli
“Dirò la verità, anche
se per varie ragioni preferivo tenere l’anonimato: Claudio sono proprio io”. Sono le battute
conclusive del libro Figli di nessuno nel quale Massimo Cavalieri
racconta “una triste storia vera” in cui lui e il fratello, rimasti
orfani in tenera età, sono “protagonisti involontari”. “Questo lavoro,
scrive Cavalieri, non è solo frutto dell’innegabile piacere di scrivere”,
ma anche del “bisogno continuo di testimoniare la sofferenza di tanti bimbi abbandonati
a se stessi nei momenti più delicati della propria esistenza”. Tutto ha
inizio a Pavia in una “fredda mattina del 1954” tra “le mura di un
anaffettivo brefotrofio”; a causa di “un fatto drammatico che conobbero
più avanti”, Claudio e Giampiero “iniziarono una vita relativamente
stabile ma completamente diversa”. Del periodo trascorso al Sante Zennaro,
Cavalieri denuncia il modo con il quale l’immobilismo istituzionale e
legislativo del tempo e il “mutismo informativo nei loro confronti sembrava volerli
predestinare nella categoria dei bimbi costretti a qualsiasi adattamento,
trattati come fossero figli senza patria né potestà, praticamente dei figli di
nessuno”. Nel descrivere la successiva esperienza all’Orfanotrofio di
Casteggio, l’autore rileva come il loro “misterioso destino si mischiò con
quello di tanti altri simili” e “la nuova realtà li condannava
ulteriormente per un reato mai commesso: diventare orfani”. Del tempo
trascorso al Pistornile tra funzioni religiose, giochi, il pensiero fisso della
fuga (“nell’intimo di ognuno, la fuga rimaneva una probabilità con la quale
fare i conti, prima o poi”), le quotidiane domande sul proprio futuro e “le
eterne camminate sempre in fila con gli altri”, Massimo Cavalieri ricorda
in particolare le attese nei giorni festivi per la visita dei parenti: “era
il momento più bello della settimana o del mese” perché “dava quel senso
di riconoscimento affettivo indispensabile per superare l’angoscia
dell’abbandono”. Il racconto ha una piacevole parentesi: l’indimenticabile
vacanza “nell’oasi felice di Gualdrasco paese color panna” a casa
di parenti dove “immersi in quell’atmosfera che stimolava anche gli animi
più incalliti, i due piccoli forestieri con i nuovi compagni si sentivano già
nel futuro e non perdevano tempo, si trasformavano”. Il destino dei due
sfortunati fratelli ha però un’altra imprevedibile svolta che li porta a
Voghera, destinazione accettata con “silenzioso immobilismo” e con
l’amarezza che “tutto era stato deciso come al solito senza il loro coinvolgimento”.
Nella struttura dei Padri Barnabiti, Claudio e Giampiero “ben presto si
ambientarono, giocando, litigando e facendo pace”, riuscendo “a
coltivare anno dopo anno i propri talenti, seppur con risultati altalenanti e
non senza ostacoli, sia a scuola che tra le mura della grande casa”. Di
quell’esperienza Claudio ricorda l’incontro prima con padre Monti e poi con
Patrizia che non solo “lo scosse dentro, nell’animo e nell’intimo”, ma “diventò
la ragione utile al presente, e ancor più al futuro”. Un futuro che
riserverà a loro ancora molti dispiaceri; il lettore lo scoprirà leggendo
questo struggente romanzo autobiografico. Figli di nessuno (una parte
dei proventi della vendita del libro sarà devoluta all’Associazione «Citta
Solidale – Pavia») è una testimonianza che scuote nel profondo perché suscita
riflessioni e interrogativi per le scottanti problematiche affrontate e, come
ricorda Massimo Cavalieri cui va il plauso per il coraggio di rendere pubbliche
vicende personali, “seppur romanzata, vuole essere una denuncia dei vetusti
metodi educativi ed assistenziali che, almeno da noi, sono stati superati
grazie a dei moderni profeti d’avventura”.
Massimo Cavalieri
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