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giovedì 28 luglio 2016
Anno VIII n. 29
La Festa di S. Agostino a S. Pietro in
Ciel d’Oro
Domenica 21 Agosto
Tra le novità pubblicate
da Sellerio, segnaliamo due romanzi. Il primo, L’ultimo rigore di
Faruk uscito nella collana Il contesto, è di Gigi Riva. In questa “storia
di calcio e di guerra” il giornalista e caporedattore centrale de l’Espresso
narra la “tragica e violentissima dissoluzione della Jugoslavia”
intrecciandola con la vicenda legata a un calcio di rigore non realizzato che
divenne, assieme al suo involontario protagonista, “il simbolo
dell’implosione di un intero Paese, e dei conflitti che sarebbero seguiti di lì
a poco”. Da attento conoscitore del teatro nel quale si svolsero i fatti
(negli anni Novanta ha seguito come inviato speciale tutte le guerre
balcaniche), Riva ripercorre “con attenzione da storico e sensibilità da
narratore” antefatti, fatti e conseguenze politiche e sportive innescati da
quel “tiro fatale, sbagliato il 30 giugno del 1990 a Firenze da Faruk
Hadžibegić, capitano dell’ultima nazionale del Paese unito” nella partita
contro l’Argentina nei quarti di finale del Mondiale italiano e che “portò
all’eliminazione di una squadra dotata di enorme talento ma dilaniata dai
rinascenti odi etnici”. Attraverso il racconto della vita di Faruk che ha
incrociato “la propria sorte personale con una storia più grande”, lo
scrittore rievoca il “lungo addio” di quella rappresentativa nazionale, “la
disgregazione della Jugoslavia e la spregiudicatezza dei suoi leader politici,
che vollero utilizzare lo sport e i suoi eroi per costruire il consenso attorno
alle idee separatiste”. Il racconto si snoda in capitoli nei quali sono
rievocati passo-passo le vicende legate al dissolversi della nazionale di
calcio jugoslava (“una sorta di cooperativa in diaspora”), le ultime
partite ufficiali disputate a Italia ’90, le ragioni per le quali Faruk scrisse
il suo nome “nella stessa riga del libro che contempla personaggi famosi”
assieme a tutto quello che è successo in quella feroce e tragica guerra:
Vukovar rasa al suolo, Sarajevo un cumulo di macerie, Mostar divisa in due e
con il mitico ponte mussulmano abbattuto e “quasi duecentomila morti, il
prezzo di indipendenze che hanno gonfiato i petti ai generali di medaglie, i
portafogli dei criminali di denaro e impoverito una popolazione”. Il
secondo romanzo, La provvidenza rossa uscito nella collana La memoria,
è di Lodovico Festa, ex dirigente del Pci milanese, giornalista e tra i
fondatori de il Foglio. Mettendo mano a documenti casualmente ritrovati
e riguardanti “inchieste che aveva svolto come vice presidente della
commissione probiviri lombarda del Pci, con un ruolo quasi da polizotto rosso,
per aiutare, nel massimo della riservatezza, il partito a capire che cosa c’era
dietro una vicenda dai risvolti politicamente pericolosa”, l’omicidio di
una militante del Partito, l’autore compie un lungo viaggio nella vita politica
e sociale milanese degli anni ’70. La vicenda ha inizio nell’autunno 1977. In
zona Sempione, una raffica di mitra uccide una giovane fioraia, Bruna Calchi,
iscritta al Pci, dirigente della sezione e del circolo Arci e “bella
ragazza, molto conosciuta anche per la sua spigliata esuberanza”.
L’inchiesta poliziesca è affidata a un giovane funzionario che però deve
affrontare subito in un primo mistero: l’arma del crimine, una Maschinenpistole
in uso alla Wehrmacht, riemersa chissà come dalla Seconda guerra mondiale.
Contemporaneamente, “per evitare eventuali provocazioni e trappole”,
muove la controinchiesta del Pci affidata al vecchio Peppe Dondi e al suo vice
Cavenaghi. Peppe, “un ferreo partigiano di quelli che hanno attraversato
guerre civili, guerra e clandestinità”, ingaggia con la polizia una corsa
contro il tempo “volta a scoprire prima la verità per occultarne un’altra”.
La provvidenza rossa è un "un mistery, nel quale sono inventati il
crimine che scatena la vicenda, la trama, e la soluzione finale, e sono fittizi
i protagonisti” ma l’affresco sociale che descrive “è un pezzo
importante di memoria, come forse sarebbe difficile riportare con la stessa
evidenza in un saggio di storia”. Con stile originale Lodovico Festa
riporta nel clima della “vorticosa e caotica Milano degli anni Settanta”
offrendo, a futura memoria, uno spaccato “di quel quotidiano mescolarsi di
idealismo, realismo, spregiudicatezza e capacità, che dava grandezza, ambigua
ma oggi perduta, a una politica che seppur mediante il misfatto cercava fini
superiori”.
Gigi Riva
Lodovico Festa
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